La politica di Federico II fu principalmente diretta al consolidamento del suo ruolo imperiale, più che di quello di re di Sicilia, che era visto in funzione del primo.

Castel del Monte dimora di Federico II di Svevia

Castel del Monte, (Barletta-Andria-Trani) una delle dimore preferite dall’imperatore Federico II di Svevia

Egli soggiornò assai poco in Sicilia e la “splendida corte sveva di Palermo“, di cui parlano alcuni storici, è solo una leggenda. Palermo era solo di nome la capitale del regno, mentre la sede della corte si spostava continuamente dal nord al sud della penisola.

Il re stesso amava definirsi pugliese ed il dialetto che la scuola poetica siciliana, sorta alla sua corte, elevò al rango di lingua letteraria, non è il siculo-pugliese, ma il volgare illustre usato da alcuni uomini colti della Puglia, della cui esistenza riferisce lo stesso Dante Alighieri nel suo “De vulgari eloquentia”.

La scelta di Napoli come sede dell’università è indicativa del fatto che Palermo non aveva più, nel quadro della politica federiciana e di quella europea, il ruolo di punto centrale del regno.

Gli interessi culturali di Federico II, di cui tanto si parla, vanno opportunamente chiariti. La cultura per Federico II non fu fine a se stessa, ma strumento di governo, infatti essa non usciva fuori dalle concezioni politiche, economiche e sociali del Medioevo, ivi compresa la concezione dell’impero universale e dell’ordine piramidale e feudale della società, mirato a consolidare il consenso e la fedeltà di una classe dirigente che garantisse continuità e stabilità al governo.

Le forme di cultura erano, dunque, disciplinate a tal fine, ecco perchè le libere manifestazioni, come quelle di mimi e giullari, erano ritenute pericolose, perchè potevano perturbare l’ordine costituito. Esse furono proibite da esplicite disposizioni contenute nelle “Assise” di Messina del 1221, che prevedevano anche pene severe per i trasgressori.

La scuola poetica siciliana, che ha notevole rilievo nella letteratura italiana, rientra in questo quadro, infatti essa era costituita da una “elite” cortigiana di funzionari e dignitari regi, che avevano connotati ideologici e politici in linea con quelli del sovrano e che contribuivano con il loro impegno letterario a dare lustro alla monarchia sveva.

Discutibili furono alcuni metodi di governo usati da Federico II, come il trasferimento di intere popolazioni in altre zone, che avevano bisogno di essere popolate, o, ancora peggio, la deportazione punitiva dei Musulmani.

Egli ebbe grande amore per la conoscenza (filosofia, scienza, cartomanzia, tecnica), promosse la cultura laica e amò discutere di questioni religiose e filosofiche con ebrei e musulmani, attirandosi fama di eretico. Il suo mecenatismo si rivolse più agli scienziati che agli artisti, come documentato dallo scarso impulso che egli dette all’architettura ed alla scultura.

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Il suo potere assoluto si basò tutto sull’autoritarismo, ma le fondamenta dello stato feudale aristocratico non furono modificate, ecco perchè alla sua morte l’aristocrazia prese il sopravvento.

Con lui la Sicilia finì di essere il centro del regno, come lo era stata sotto i Normanni, che avevano condotto una politica mediterranea, che dava alla Sicilia una posizione privilegiata nei rapporti con l’Africa e con l’Oriente.

Gli Svevi diedero vita ad una politica europea e la posizione geografica della Sicilia divenne uno svantaggio quando l’asse politico si spostò dal Mediterraneo all’Europa occidentale. Emblematico è il declino di Palermo, che divenne una città morta.

La morte di Federico II, avvenuta a Castelfiorentino, presso Foggia, il 13 dicembre 1250, segnò per la Sicilia l’inizio di un periodo di discordie civili, che determinarono il repentino declino delle sue condizioni politiche ed economiche.