Alla morte di Federico II il “Regnum” fu sconvolto da numerose ribellioni in Puglia ed in Campania.

Federico II imperatore di Sicilia

Federico Hohenstaufen, sovrano della dinastia sveva in Sicilia

L’erede al trono, Corrado IV, era trattenuto in Germania da questioni legate alla successione imperiale e lo stesso Federico II nel suo testamento aveva designato vicario generale del regno, fino all’arrivo di Corrado IV, Manfredi, figlio naturale che Federico II aveva avuto da Bianca Lancia.

Questi riuscì a ristabilire l’ordine in Puglia, ma non in Campania, mentre in Sicilia, a Messina, la popolazione si rivoltava contro Pietro Ruffo, nominato maestro giustiziere di Calabria e di Sicilia.

Queste rivolte erano la chiara manifestazione dell’insofferenza della popolazione, legata, però, ad interessi settoriali di gruppi nobiliari, infatti, anche nelle città che avevano dato vita a consigli e statuti propri, i posti chiave erano in mano al ceto nobiliare. Mentre in Europa il feudalesimo era in declino, in Sicilia esso acquistava potere da una parte per la debolezza dell’autorità regia, dall’altra per l’assenza di autonomie municipali, la cui nascita Federico II aveva sempre impedito.

La morte di Corrado IV nel 1254 rese ancora più confusa la situazione, perchè, essendo l’erede Corradino minorenne, la reggenza fu affidata a Bertoldo di Hohemburg. Manfredi, deciso ad imporre la sua autorità, entrò in scontro aperto con la Chiesa e con Pietro Ruffo, designato nel testamento di Corrado IV all’amministrazione di Sicilia e Calabria.

In Sicilia la rivoluzione esplose a Palermo, dove la popolazione mal sopportava il ruolo di preminenza che Pietro Ruffo aveva dato a Messina, dove egli si era legato a gruppi di feudatari, che sostenevano il suo potere. La rivolta dilagò anche nella Sicilia orientale ed i palermitani chiesero aiuto al pontefice. Pietro Ruffo fu sconfitto e fuggì in Calabria, mentre i Siciliani accoglievano festosamente Rufino di Piacenza, legato di Alessandro IV, e lo ponevano a capo di una federazione di città.

Non si fece attendere l’intervento armato di Manfredi contro questa improvvisata repubblica siciliana, tanto più che egli si era già impadronito dell’Italia meridionale. Sostenuto da Federico Lancia e da Enrico Abate, si impadroniva dell’isola e, diffusa la falsa notizia della morte di Corradino, si faceva incoronare re di Puglia e di Sicilia a Palermo l’II agosto 1258 alla presenza di alti prelati, nobili e rappresentanti cittadini.

Il suo governo non poggiava, però, su solide basi dal momento che grande era il malcontento in Sicilia per l’inasprimento fiscale reso necessario dalle ingenti spese improduttive dell’amministrazione e dalla lussuosa vita di corte; inoltre Manfredi concesse privilegi a mercanti di Genova e Venezia, assoggettando la Sicilia allo sfruttamento del capitale del Nord. Egli era costretto a lunghe assenze dalla Sicilia per mantenere i legami con il movimento ghibellino e per rispondere all’appello di città del Nord-Italia, che chiedevano il suo intervento, circostanza che contribuiva a creare disordine in Sicilia.

Il papa avversava Manfredi, essendo deciso ad affermare i suoi diritti feudali sul regno ed a mettere sul trono di Sicilia un "suo sovrano". Egli cercò di vendere la corona del regno di Sicilia a Riccardo di Cornovaglia, fratello del re d’Inghilterra, ma questi rifiutò ritenendo il prezzo troppo alto. L’offerta fu, allora, rivolta al figlio del re d’Inghilterra, Edmondo di Lancaster, un bimbo di otto anni, ed essa venne accettata. Ma, quando Edoardo raggiunse la maggiore età, il Parlamneto inglese si oppose, minacciando la guerra civile, alla conquista di un territorio chiaramente ostile.

Il papa rivolse allora l’offerta a Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX il Santo. La Francia nutriva ambizioni nei confronti del Mediterraneo e Carlo d’Angiò era lusingato dall’idea di diventare sovrano. Egli accettò di pagare quanto richiesto e di fare atto di sottomissione feudale a Roma. Le sue mire andavano, però, oltre la Sicilia e puntavano alla corona dell’Impero d’ Oriente.

Carlo I d’Angiò, già nominato nel 1263 senatore dei Romani, cinse la corona di re di Sicilia a Roma il 6 gennaio 1266 e nello stesso anno, il 26 febbraio, Manfredi e Carlo d’Angiò si affrontarono a Benevento e Manfredi fu sconfitto e ucciso.

La vittoria di Carlo d’Angiò non incontrò il favore della Sicilia, infatti egli era esponente della corrente guelfa, mentre la Sicilia era stata educata dagli Svevi alla scuola ghibellina.

In Sicilia alcune città si sottomisero al nuovo sovrano (Messina, Palermo, Siracusa), ma gran parte dell’isola si ribellò alla nuova dominazione. Corrado Capece, nominato vicario dell’isola da Corradino, sbarcò a Sciacca e, insieme a Corrado d’Antiochia, dette vita alla resistenza, alla quale aderirono, fra le altre, città come Agrigento, Augusta, Caltanissetta, Catania, Lentini, Terranova. Il crollo di Corradino, sconfitto a Tagliacozzo nel 1268, segnò il trionfo degli Angioini. Corrado Capece e Corrado di Antiochia furono giustiziati.

Corradino, che era fuggito alla morte in battaglia, fu tradito e consegnato al re, che lo fece giustiziare, circostanza che contribuì non poco ad accrescere l’ostilità nei confronti di Carlo d’Angiò ed a rafforzare in Sicilia la tradizione ghibellina.