Il Codex legum sicularum del giurista catanese Mario Cutelli, scritto tra il 1629 ed il 1634 ed uscito a Messina nel 1636, fornisce un’attenta analisi della decadenza dell’isola attribuita, da un lato, alla degradazione delle strutture politiche, che si erano trasformate in strumenti repressivi, dall’altro alla trasformazione della classe politica dirigente in consorteria, che esercitava il suo dominio per incrementare le sue ricchezze, del tutto dimentica del senso dello stato, inteso come superiorità dell’interesse pubblico sul privato.

il ritratto di mario Cutelli

L’opera fornisce un’interpretazione attenta ed originale della riforma dell’Olivares ed ha come referenti culturali Tacito e Seneca.

Mario Cutelli, partendo dal presupposto che il peso fiscale eccessivo è causa di rivolte e di guerre civili, ritiene che solo nel caso in cui il popolo si renda conto della sua necessita è disposto a sopportarlo.Olivares aveva voluto operare una "restaurazione morale" ridimensionando, per renderlo sopportabile, l’indiscriminato prelievo fiscale, che in Sicilia gravava quasi esclusivamente sulle classi meno abbienti, e ricorrendo ad altre forme di finanziamento da parte dello stato.Cutelli bolla di ipocrisia i Siciliani, che, per assicurarsi il favore del sovrano, con estrema facilità votavano nei parlamenti donativi e tributi, dal momento che questi gravavano soprattutto sulla plebe, mentre la parte che gravava sui ceti dirigenti essi la recuperavano sotto altre forme.Severo il giudizio morale che il Cutelli esprime nei confronti della classe dirigente, che ufficialmente si dichiarava favorevole al sovrano, ma soltanto allo scopo di poterlo agevolmente frodare in difesa dei propri interessi non sempre legittimi.

L’opera rispecchia la situazione creatasi con l’emergere della "nuova" nobiltà mercantile, che progressivamente aveva concentrato nelle sue mani da un lato gli strumenti del potere, dall’altro il commercio e l’appalto di imposte e tributi con un chiaro conflitto di interessi, che si risolveva a favore di un ristretto gruppo dirigente e a danno del popolo e dello stato.Il Cutelli non è contrario alla nobiltà, ma a questo tipo di nobiltà di affaristi e mercanti, che viveva nel lusso sfrenato e che non avrebbe dovuto essere chiamata a rivestire uffici pubblici e funzioni di governo, perchè non aveva a cuore il bene pubblico, infatti si assicurava il favore del sovrano con la facile approvazione di sempre nuovi oppressivi tributi e, detenendo gli strumenti del potere, incrementava sempre più le sue ricchezze scaricando sul popolo il peso fiscale, politica che, oltre ad essere immorale, era un suicidio, perchè impoveriva e restringeva sempre di più la classe economicamente produttiva, che sta alla base dell’economia di uno stato.

Il Cutelli auspicava la rigenerazione morale e politica della nobiltà, rieducata al senso dello stato e sottratta alle speculazioni finanziarie, ma questo non avvenne: la Sicilia continuò a mantenere al suo vertice una masnada di speculatori, spregiudicati gestori del potere; il declino della Spagna continuòinarrestabile (il 16 gennaio 1641 si era costituita la repubblica catalana sotto il protettorato francese e si preparava la rivolta del Portogallo); i Siciliani continuarono ad essere tartassati dal fisco, mentre il debito pubblico rimase in continuo incremento.