Il programma riformatore del Montealegre non ebbe gli effetti sperati e i baroni siciliani ne beneficiarono.

Dalla causa del comune di Sortino i baroni uscirono rafforzati e fu subito dopo che si scatenò la loro opposizione alla Suprema Magistratura di Commercio. Il governo, anche a questo proposito, dovette in parte cedere, e alcune misure prese in quell’occasione, come il divieto di intervenire nelle operazioni di compravendita per chi non fosse proprietario o produttore di grano e la moratoria generale dei debiti derivanti dalle passate contrattazioni, rafforzarono la posizione dei baroni a danno dei poteri del re.

Il programma riformatore del Montealegre si arenò ed egli stesso fu richiamato a Madrid. Ai vertici dello stato avvenne un profondo mutamento, di cui beneficiarono i baroni siciliani: primo ministro divenne Giovanni Fogliani e presidente della Giunta di Sicilia il principe d’Aragona. Il piano di riforme di Carlo III subì una battuta d’arresto ed il re fu costretto a cercare l’appoggio dei baroni, mentre il vicerè Corsini, che pure non era stato sostenitore della politica del Montealegre, ma aveva svolto un’efficace opera di mediazione, fu sostituito nel 1747 dal Laviefuille (1747 – 1754), il cui operato si inserì nella tradizione dei vicerè più permissivi, dopo un iniziale tentativo di mettere ordine nell’isola.

Un importante provvedimento preso sotto di lui, d’intesa con i baroni, fu la sanatoria concessa a tutte le alienazioni dei beni ecclesiastici avvenute, anche senza il consenso regio, anteriormente al 1700. Il provvedimento pose fine ad un’infinità di controversie e dette un riconoscimento ufficiale alla secolarizzazione del patrimonio ecclesiastico, di cui, oltre che i baroni, beneficiarono numerosi piccoli enfiteuti.

Quando nel 1754 morì improvvisamente il Laviefuille, fu nominato vicerè il marchese Fogliani (1755 – 1774), che inaugurò una politica di totale acquiescenza ai baroni, mentre nel 1759 il regno di Carlo III, che ascendeva al trono di Spagna alla morte di Filippo V, si chiudeva nel Regno delle Sicilie con una politica di segno opposto al programma assolutistico che aveva segnato l’inizio della sua monarchia.