Il 3 luglio 1734 fu incoronato re delle due Sicilie l’infante di Spagna Don Carlos con il nome di Carlo III. Il nuovo re fu un re ereditario, restauratore e protettore delle leggi e costumanze di Sicilia.

Lo sbarco spagnolo in Sicilia del settembre 1734 non fu una vera e propria invasione, perchè l’esercito austriaco oppose una blanda resistenza e, senza grossi traumi, l’isola si trovò di nuovo unita a Napoli nel Regno delle Sicilie sotto l’infante di Spagna don Carlos, figlio di Filippo V e di Elisabetta Farnese, che divenne re con il nome di Carlo III. La resistenza delle truppe austriache fu resa difficile dal loro esiguo numero e dai mezzi limitati; pur nondimeno gli Austriaci concentrarono la resistenza in tre punti strategici, Messina, Siracusa e Trapani, e dettero filo da torcere agli Spagnoli per un anno, tanto da costringere il re a venire di persona in Sicilia per rendersi conto della situazione.

Un serio problema per la costituzione del nuovo regno fu rappresentato dai suoi rapporti con la Santa Sede. Quando nel maggio del 1734 entrò a Napoli, l’ambasciatore spagnolo si incontrò con il pontefice per chiedere l’investitura dei due regni per il nuovo sovrano. Il pontefice la rifiutò obiettando che investito dei due regni era Carlo VI d’Asburgo, che deteneva ancora il possesso della Sicilia. Invano l’ambasciatore chiese l’investitura del solo regno di Napoli già conquistato, anzi il pontefice rifiutò dal re spagnolo il tradizionale omaggio del rapporto di vassallaggio, simboleggiato dall’offerta di una chinea, mentre lo accettò da Carlo VI.

L’incoronazione di Napoli fu, dunque, rinviata, essendo impraticabile senza il consenso del papa, mentre indilazionabile appariva la conquista della Sicilia, che fu affidata al Montemar, nominato anche vicerè del regno da conquistare. La Sicilia aveva una tradizione giurisdizionalistica di indipendenza dalla Santa Sede ormai consolidata e la sua conquista avrebbe facilitato anche la soluzione della questione napoletana.

Il 2 settembre 1734 il Montemar entrò a Palermo e prese possesso del regno in nome del re, bene accolto dai maggiorenti del regno, che ne riconobbero l’autorità soltanto dopo che giurò sui Vangeli di impegnarsi a rispettare ed osservare le costituzioni ed i capitoli del regno di Sicilia. L’incoronazione di Carlo III avvenne il 3 luglio nella cattedrale di Palermo, nonostante Trapani fosse ancora nelle mani degli Austriaci. Egli fu incoronato, con il voto del parlamento, dall’arcivescovo di Palermo, che era il capo del ramo ecclesiastico dello stesso; si presentava, così, come sovrano legittimo ed indipendente e poneva fine alla controversia con la Santa Sede.

Il nuovo re si presentò ai suoi sudditi come sovrano ereditario (e non come conquistatore), restauratore e protettore delle leggi e costumanze di Sicilia. Il fatto più importante fu che il nuovo regno non era considerato un’appendice della Spagna, ma una monarchia indipendente e nazionale. Perchè il nuovo re non fosse considerato interamente vassallo del papa, egli fu chiamato, oltre che re delle Sicilie (re delle Due Sicilie nel 1816), re di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza e Castro, gran principe ereditario della Toscana, titoli che si evidenziavano anche nei simboli che figuravano sulle sue armi (tre gigli d’oro per la Spagna, sei azzurri per i Farnese, sei palle rotonde per i Medici).

Il Mezzogiorno, ormai liberato dalla condizione di provincia di uno stato straniero, si trovò a dover costruire la sua identità di stato indipendente nella scia dell’assolutismo monarchico illuminato. Questa è la corretta chiave di lettura delle riforme operate negli anni successivi, che portarono alla instaurazione di un assolutismo monarchico illuminato, che operò nella direzione di una dissoluzione della feudalità, di fatto sancita soltanto successivamente dalla costituzione votata dal parlamento del 1812, inserendo, così, il Mezzogiorno nel processo italiano di transizione dal feudalesimo al capitalismo.

L’ordinamento autonomo dell’isola, di fatto determinato da cause di forze maggiore per l’atteggiamento intransigente della Chiesa romana, ebbe come conseguenza il rafforzamento del baronaggio siciliano, che coltivò la speranza che Palermo divenisse sede del re, della corte e del governo; ma Madrid aveva già deciso diversamente, scegliendo Napoli come capitale del regno, il che deluse i Siciliani e fece maturare quel clima di dualismo tra Napoli e Sicilia, che meglio si preciserà negli anni seguenti. A questo si aggiunse la tradizionale rivalità tra Palermo e Messina per svolgere il ruolo di capitale del viceregno di Sicilia.

Il problema di fondo era che, dopo cinque secoli di dipendenza dallo straniero, le regioni meridionali, riunite in un regno indipendente, stentavano a rendere effettiva tale unione a tutti i livelli; il problema era simile a quello che si presentò all’Italia nel 1861, quando, fatta l’Italia, bisognò pensare a fare gli Italiani.