Il primo parlamento costituzionale fu eletto nel giugno del 1813. La sua elezione fu preceduta da un accordo elettorale, realizzato ad opera del Castelnuovo, tra la corrente costituzional-liberale, da lui rappresentata, e la corrente democratica, rappresentata dal funzionario catanese Vincenzo Gagliani, dal momento che il Castelnuovo era in aperta rotta con il Belmonte, esponente della corrente costituzional-conservatrice. Nonostante la maggioranza della Camera dei comuni fosse castelnovista, l’accordo tra liberali e democratici non funzionò, come apparve chiaramente in occasione dell’elezione del presidente della Camera dei comuni.Liberali e democratici avevano designato l’Airoldi, ma, al momento di votare, i democratici votarono un loro candidato, sul quale confluirono anche i voti dei belmontisti. Il parlamento divenne ingovernabile, l’Airoldi si dimise e venne eletto un presidente democratico, Gaspare Vaccaro.

Dopo questo primo scossone ve ne fu un altro quando il Castelnuovo presentò il budget (bilancio) e pretendeva che fosse approvato senza approfondita discussione, in ciò seguendo la tradizione parlamentare siciliana, che aveva visto sempre votati all’istante i donativi chiesti dal re, mentre la tradizione costituzionale inglese prevedeva un’accurata contrattazione tra esecutivo e parlamento.

In verità tra liberal-costituzionali e democratici radicali c’erano divergenze di fondo, anche perchè i due leaders del partito democratico, Emanuele Rossi di Catania e il dott. Gaspare Vaccaro, portavoce della Camera dei comuni, si erano formati nella Francia rivoluzionaria e le loro idee "francesi" mal si conciliavano con il liberalismo inglese. Essi, inoltre, mancavano di esperienza politica e della capacità di impostare coerenti programmi, come apparirà chiaramente quando si schiereranno con l’estrema destra per fare ritornare il re. In realtà essi si accorsero subito che la Costituzione del 1812 era un documento baronale, e quindi strumento di discriminazione contro il popolo, nata per esorcizzare il pericolo del dilagare delle idee francesi. Essi, dunque, si rifiutarono di dare la loro approvazione a qualsiasi tassa finchè la Costituzione non fosse stata riformata. Con queste premesse era impossibile che i lavori parlamentari procedessero. L’opposizione si rifiutò di votare il bilancio a scatola chiusa, il Castelnuovo si dimise ed il parlamento fu sciolto nell’ottobre del 1813. In quest’occasione il Belmonte, che era geloso del principe di Castelnuovo, suo zio, aveva segretamente condotto un doppio gioco, sostenendo solo apparentemente il Castelnuovo e aizzando l’opposizione dei democratici. Il regime costituzionale uscì gravemente ferito da questa prima legislatura e le vicende parlamentari evidenziarono chiaramente l’incapacità dei democratici di perseguire una linea di condotta coerente con i loro obiettivi e con la loro collocazione politica.