Agostino Depretis salì in qualità di prodittatore il 22 luglio 1860 con l’obiettivo di velocizzare l’annessione della Sicilia, si limitò a seguire una rigida linea politica ed amministrativa di preparazione all’annessione infastidendo i siciliani.

foto di depretis

Il 22 luglio 1860 Agostino Depretis, in qualità di prodittatore, prese il posto di Garibaldi in Sicilia con il preciso mandato da parte del Piemonte di adoperarsi per affrettare l’annessione dell’isola, che ormai, dopo la conquista dei presidi borbonici di Augusta e Siracusa, era quasi tutta nelle mani dei garibaldini, ad eccezione della cittadella di Messina.

Il Depretis non si allontanò mai da Palermo per visitare l’isola e conoscere meglio i bisogni e le aspettative, ma si limitò a seguire una rigida linea politica ed amministrativa di preparazione all’annessione, urtando, così, la suscettibilità dei siciliani, che avevano avversato la monarchia borbonica proprio in difesa della loro autonomia e che si erano mostrati disponibili all’annessione al Piemonte solo in seguito alle promesse, poi, disattese, fatte in tal senso dal Cavour.

Depretis promulgò in Sicilia lo Statuto albertino del 4-3-1848 ed istituì a Palermo una sezione temporanea del Consiglio di Stato, che avrebbe agito come organo consultivo del prodittatore. Egli impose a tutti i funzionari pubblici ed agli impiegati civili il giuramento di fedeltà al re Vittorio Emanuele e di osservanza dello Statuto albertino, rimaneggiò, inoltre, la composizione del Consiglio di governo introducendovi politici di sicura tendenza annessionistica. Questi provvedimenti suscitarono una forte opposizione, dal momento che erano sempre vive nell’isola le tendenze autonomistiche e repubblicane, e crearono al Depretis forti difficoltà nell’attuazione del suo progetto politico.

Anche alcuni decreti di Garibaldi suscitavano impopolarità, come quello della leva obbligatoria, tanto che il numero dei coscritti che ogni comune doveva fornire, fu ridotto dal 2 all’1%; degli abitanti; nonostante cio’ il Depretis riuscì ad organizzare in Sicilia un esercito di circa 30.000 uomini. I Siciliani lamentavano, inoltre, la presenza nei posti-chiave di troppi "continentali", che non conoscevano le condizioni dell’isola e non ne comprendevano le aspirazioni, creando, così, le premesse del contrasto tra Nord e Sud, che caratterizzò i primi anni dell’unità d’Italia. Nonostante i provvedimenti di carattere sociale adottati dal Garibaldi, come quello della distribuzione di terre, il popolo, vedendoli ancora inapplicati, occupò alcune terre con la violenza, come successe a Bronte; gli eccidi furono puniti, ma rimase il problema del malcontento popolare, che si cerco’ di mitigare introducendo nei Consigli civici, assieme ai rappresentanti del ceto medio, artigiani e contadini.

Grave era il problema finanziario, che costrinse il Depretis a chiedere un prestito a Torino, ma dei due milioni di lire promessi da Cavour ne furono mandati solo 500.000. Egli progettò, allora, di emettere un prestito obbligazionario di importo consistente, ma, dopo l’unificazione del sistema monetario della Sicilia con quello dell’Italia, furono emessi buoni del Tesoro per un importo di appena 3.400.000 lire e una seconda emissione di 2.550.000 lire non ebbe successo per il clima di incertezza politica, che generava sfiducia negli investitori. Il Piemonte si astenne dall’inviare altro denaro, facendo chiaramente intendere ai Siciliani che non avrebbe mandato aiuti prima dell’attuazione dell’annessione, nel contempo, per bocca del ministro Farini, manifestava velatamente l’intenzione di voler procedere al decentramento amministrativo per la sistemazione del nuovo stato italiano.

Non ebbe l’esito sperato nemmeno l’applicazione della legge vigente nel regno di Sardegna sull’ordinamento provinciale e comunale, che si inquadrava nel riordinamento amministrativo. Nonostante fossero state operate alcune modifiche per adattarla alla societa’ siciliana, essa suscitò forti polemiche, determinando l’isolamento del governo. I Siciliani aspiravano ad una consistente forma di autonomia, dal momento che ne avevano sempre goduto anche sotto il giogo borbonico, e il Cavour, per evitare di accrescere il malcontento, diede disposizioni al Depretis di sospendere l’applicazione della legge, tacciando, però, la Sicilia di inferiorita’ civile.

L’entrata vittoriosa di Garibaldi a Napoli il 7 settembre, dove assunse la dittatura in nome di Vittorio Emanuele e dove nominò segretario di Stato il Crispi, accrebbe negli autonomisti il timore dell’unione con Napoli, e Depretis, vistosi isolato, il 2 settembre si dimise, accusando Torino di non avergli fornito gli aiuti adeguati.