Gli organi più importanti della monarchia siciliana erano: re, vicerè e la Giunta Suprema.

La monarchia meridionale fu organizzata in modo tale che centro delle sue strutture istituzionali fu Napoli, ma alla Sicilia fu assicurata ampia autonomia nella gestione del regno. Il rappresentante del re in Sicilia era il vicerè, assistito dal consultore e dal segretario; essi erano i soli "forestieri" presenti nel regno di Sicilia. Il vicerè, per garanzia di imparzialità, era scelto tra non napoletani, mentre il consultore ed il segretario erano scelti tra i maggiori giureconsulti napoletani.

I poteri del vicerè erano assai ampi, esercitando egli le funzioni delegate della sovranità; a bilanciare i suoi poteri e ad assicurare l’autonomia decisionale dei Siciliani negli affari interni fu l’istituzione della Giunta provinciale di Sicilia, che i Siciliani chiamavano "Giunta Suprema", che richiamava in parte il modello del Consiglio d’Italia, istituito ai tempi di Filippo II per gestire i domini italiani, con la differenza, rispetto ad esso, che non era composta in prevalenza da spagnoli, ma da siciliani. I membri della Giunta di Sicilia erano sette, ridotti poi a cinque, ed il presidente era siciliano; la sua nomina si svolgeva nell’ambito di una rosa di nomi proposti dalla Deputazione del Regno. La Giunta era l’organo che di fatto assicurava al baronaggio siciliano la gestione degli affari dell’isola e interveniva, anche se a titolo consultivo, nelle decisioni del potere centrale comunque riguardanti la Sicilia. Il primo presidente della Giunta fu Ferdinando Gravina, principe di Palagonia.

Il vicerè borbonico, che aveva il rango di ministro, svolgeva la funzione di mediatore tra potere centrale e locale ed aveva un ruolo assai più importante di quello che avevano avuto i suoi predecessori spagnoli, piemontesi ed austriaci, perchè egli era parte organica del gruppo dirigente centrale e influenzava la determinazione della linea politica generale, partecipando alla formazione e dissoluzione dei vari gruppi di potere. Il suo potere in Sicilia era equilibrato da quello del presidente della Giunta di Sicilia, che rivestiva un ruolo non meno incisivo di quello del vicerè nell’orientare gli indirizzi politici del governo centrale.